Il bonus destinato alle mamme, entrato in vigore a marzo dell’anno scorso, va in pensione: ecco tutte le novità.
Un bonus per le mamme cambia, anzi, purtroppo sparirà. Niente premio per le nascite del 2023: la misura viene inglobata nell’assegno unico, introdotto non a caso per riunire gran parte delle agevolazioni a sostegno della genitorialità in un unico strumento. Le donne che hanno appena partorito possono comunque richiedere l’assegno di maternità dei Comuni.
Entrato in vigore a marzo 2022, questo bonus specifico lascia dunque il posto all’assegno unico, per un importo base che va da un minimo di 50 euro a un massimo di 175, a cui devono vanno aggiunte le maggiorazioni. Il contributo spetta a partire dal settimo mese di gravidanza.
Addio al Bonus “mamma domani”: dov’è finito il contributo
Con l’introduzione dell’assegno unico viene meno il diritto al premio di 800 euro che poteva essere richiesto all’Inps dal 2017 al verificarsi di una serie di condizioni: compimento del settimo mese di gravidanza (inizio dell’ottavo mese di gravidanza), nascita o momento dell’adozione o dell’affidamento preadottivo. Era questo il bonus ‘mamma domani’.
L’assegno unico prevede l’erogazione delle somme spettanti a partire dal settimo mese di gravidanza, in linea con quanto previsto per il premio alla nascita. La misura è indirizzata a tutte le categorie di lavoratrici e lavoratori dipendenti (pubblici e privati), lavoratrici e lavoratori autonomi, pensionati, disoccupati, inoccupati con i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno richiesti.
La domanda per ricevere l’assegno unico va presentata sempre dopo la nascita, una volta attributo al bebè il codice fiscale. Con la prima mensilità vengono però pagati anche gli arretrati dal settimo mese di gravidanza in poi. Per formalizzare la richiesta ci sono 120 giorni dalla nascita del minore. Nel caso di nuclei familiari percettori del Reddito di Cittadinanza, il beneficio viene erogato dall’Inps dover presentare un’apposita domanda.
Quanto all’importo dell’aiuto, varia in base all’Isee: si va da un minimo di 50 euro per chi non presenta il documento o ha un valore superiore ai 40.000 euro, a un massimo di 175 euro se si sta entro la soglia dei 15.000 euro.
Quando poi il figlio o la figlia diventano maggiorenni, l’importo si dimezza, ma fino a 21 anni spetta di diritto purché siano soddisfatti specifici requisiti riguardo alla condizione lavorativa, di studio e di reddito. All’importo base si può aggiungere una serie di maggiorazioni legate alla condizione economica, al numero dei figli, all’eventuale disabilità e alle caratteristiche dei genitori.