La “a frocia” potrebbe sembrare un insulto ma è tutt’altro. Un piatto unico di origini sicule davvero facile da realizzare
Ormai non si fa altro che parlare di cucina gourmet, di rivisitazione dei piatti tradizionali, di nuove tecniche di sperimentazione, soprattutto da grandi chef rinomati. Si è parlato tantissimo della pasta è fagioli rivisitata dallo chef toscano Tomei.
Ma non solo, si è toccato anche il piatto tipico della tradizione romana, ovvero la Carbonara. Invece della panna, sono stati aggiunti i funghi e parliamo della famosa Carbonara Eretica dello chef Pappagallo. Per non parlare dello Chef stellato Barbieri che ha scatenato un putiferio, perché ci ha aggiunto addirittura un formaggio spalmabile, lasciandola cuocere in forno.
Certo, essere sempre all’avanguardia è fondamentale per gli chef, ma con un piatto rivisitato si è allo stesso livello del tradizionale? In questa ricetta esalteremo la tradizione con la cosiddetta pasta “a frocia”, ma perché si chiama così? E soprattutto, di cosa si tratta?
Questa pasta è molto buona e allo stesso tempo davvero semplice da realizzare. Si tratta di una frittata che nasce con la pasta riciclata del giorni prima. Il nome è abbastanza curioso ma ha un senso. Fròcia, vuol dire in dialetto “frittata”, quindi qualsiasi pietanza preveda l’utilizzo dell’uovo, si chiama fròcia. Quindi non è un insulto, come molti pensano.
Completata la cottura, possiamo impiattarla, ma facciamo attenzione alla formazione della crosticina, questa deve essere fondamentale. L’ideale sarebbe consumarla tiepida e non calda, ma se non riuscite a resistergli, divoratela pure, è buona anche appena fatta.